venerdì 3 maggio 2013

Il mito irascibile



A cinquantadue anni sonati Katherine Hepburn non è affatto cambiata: resta quel ragazzaccio stizzoso, energico, crepitante, che nel maggio del 1909 nacque a West Hartford, Connecticut, sesta figlia di un medico anarcoide e di una suffragetta votata alla campagna per il controllo delle nascite. L'unica differenza consiste nel fatto che allora era un ragazzaccio con molte ossa, molte lentiggini, una camicia sudicia, un paio di blue-jeans; e portava i capelli corti. Ora è un ragazzaccio con molte ossa, molte lentiggini, molte camicie pulite, molti pantaloni stirati; e porta i capelli lunghi, raccolti sopra la testa. Camicia e pantaloni sono, come tutti sanno, la sua tenuta costante. Ne possiede un intero guardaroba. Le camicie le preferisce di cotone bianco, da uomo. I pantaloni li preferisce larghi e di gabardine, da uomo anche quelli. Ovviamente li completa con scarpe basse, da uomo. D'inverno, con una giacca. Quando piove, con un'impermeabile.
Chi l'ha vista fuori di scena con le sottane e i tacchi alti può davvero vantarsi d'avere assistito a uno spettacolo raro. E anche chi l'ha vista con gli occhi truccati, il rossetto sulle labbra e la cipria sul naso. Infatti sebbene Katherine Hepburn sia molto più femminile di quel che sembra, nessuno è mai riuscito a farle aver cura della sua bellezza: né Spencer Tracy, né il marito a cui essa fu sposata ventotto anni fa per cinque o sei giorni [...] Sarebbe come tentar di smussare le sue durezze, la sua insolenza, la sua impenetrabilità [...] .
Contrariamente a un altro mito cui assomiglia un poco nel modo di vestire e di fare, Greta Garbo, la Hepburn non ha bisogno di apparir fresca per essere ancora se stessa: basta ad esempio che parli.
"Bè, il fatto che io sia allegra, non significa naturalmente che sia felice. Tutti noi, ad una certa età, abbiamo una lista di ricordini che ci impediscono d'esser felici: disillusioni, dispiaceri, malattie, morte di persone che amiamo. Ciascuno di noi ha dentro di sé un inferno di cose su cui non ama parlare: aree di disperazione. L'importante è trovare una via d'uscita, sapersi contentare. A volte perfino la solitudine, per quanto schifosa essa sia, ha un fascino per me. Insomma l'errore consiste nell'illudersi che vivere sia una cosa facile. Perchè dovrebbe? D'altronde ci sono tante cosine gradevoli quando si campa: ad esempio il lavoro. [...]
.Augusto Marcelli
("L'EUROPEO" 14 gennaio)



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