domenica 15 dicembre 2013

NUOVI CANTI E ANTICHE LEGGENDE PER AUGURARE UN GIORNO FELICE

KARIM - KS 7001
 




side a)


side b)
  1. Le campane di Strasburgo
    voci di: Luciana Alagna, Corrado Aprile, Mario Miccoli, M. Novella Galantini
 

 

pubblicità - FIAT (1300/1500)


La pompa del Natale italiano (L'ESPRESSO, 30 dicembre 1962)




Abbiamo l'impressione che il Natale sia diventato una fatica per tutti.   Le Christmas-cards sono ormai un'ossessione.   Molti italiani pensano con nostalgia alle cartoline di pochi soldi col Bambin Gesù e la stella di Betlemme.   Per l'italiano medio, esaltato dal benessere, è diventato impossibile godersi in pace il denaro della tredicesima.   D'anno in anno si ricevono più regali, d'anno in anno se ne fanno di più.   I prezzi aumentano, i commercianti rischiano di trasformarsi in pirati di fine d'anno.
Eppure, non è questo l'aspetto più sconcertante del Natale italiano.   Abbiamo l'impressione anzi che il buonsenso dei nostri concittadini stia per prevalere e che per i Natali degli anni venturi avremo meno doni, ne restituiremo di meno e la smetteremo coi cartoncini colorati che ormai finiscono direttamente nella spazzatura.   C'è qualcosa però che continuerà a gonfiarsi di fine d'anno in fine d'anno; qualcosa di mostruoso e per capire di che si tratta basta seguire la televisione ed i giornali cinematografici: bum! arrivano le autorità.
La classe dirigente italiana, per Natale si rivela cerimoniosa, bizantina.   Tutti i presidenti si fanno gli auguri.   Giusto; ma ormai avviene senza discrezione.   Un "Buon Natale" diventa un affare di stato.   Si spostano da un palazzo all'altro, da palazzo Chigi al Quirinale, dal Quirinale a Montecitorio, a palazzo Madama, alla Consulta.   Le radio e gli audio rimbombano di notizie sugli spostamenti delle alte cariche dello Stato.   I bambini immaginano uomini giganteschi e potenti come i re delle novelle che incedono per le vie della città accompagnati da paggi che gli tengono lo strascico.   Quando sullo schermo le alte cariche appaiono come sono in realtà, la delusione è sconcertante, giacché la classe dirigente italiana, per fortuna, non è atletica.   [...] La Democrazia cristiana deve abituarsi non soltanto a non considerare lo Stato come una cosa sua; ha l'obbligo di castigare la propria ingordigia e nello stesso tempo di castigare i propri costumi. [...] nel momento in cui la Chiesa rivela una sincera aspirazione alla semplicità, la pompa cacciata dal Vaticano si rifugi nei palazzi dove a Roma s'esercita il potere.   Quando il Papa rinuncerà alla sedia gestatoria e ai flabelli e ad altri ornamenti ormai privi di senso che ricordano la cerimoniosità orientale, questi residui di un'antichità, che servono ormai soltanto per fare dei goffi film di cassetta, saranno ereditati dalla nostra classe dirigente?   Abbiamo paura di si.
Eppure gli italiani sono gente semplice, casalinga.   È solo quando s'avvicinano al potere che queste loro qualità si corrompono.   La storia del fascismo, in fondo, è la storia di un gruppo di parvenus che dalla semplicità arrivano ai pennacchi, alle doppie greche sul berretto, alla sconfitta.
È tenendo conto di questo che noi ci auguriamo un ritorno ad una semplicità che troviamo giusto definire repubblicana.   Il Quirinale non dovrebbe dare il buon esempio?   Non c'è niente di irrispettoso in questo augurio.   La dignità dello Stato non c'entra.   Ed essa comunque non si difende con le alte cariche che si spostano da un salone all'altro per ripetere sempre le stesse cose: buon Natale, buon anno.   Altrimenti tutto diventa spettacolo ed una festa che dentro le mura della propria casa gli italiani continuano a celebrare con una semplicità all'antica, ormai nauseati dalle Christmas-cards e dai doni che indebitano, finisce col perdere il carattere che la rende cara ai credenti e agli agnostici: l'intimità.

RAY CHARLES - YOU ARE MY SUNSHINE/YOUR CHEATING HEART

LA VOCE DEL PADRONE - 7 MQ 1764
 



side a)

side b)



 

1963
 

1981
 

1983

pubblicità - ANNABELLA


Il Focolare Radio - TV

 
 
 
mercoledì 21  febbraio
 
 
domenica 17 giugno
 
 

domenica 27 ottobre 2013

PEPPINO DI CAPRI e i suoi Rockers - LET'S TWIST AGAIN

CARISCH - TCA 15308
 


Un giorno, forse, dell' "epoca del twist" rimarrà solo questo ricordo tangibile: l'album dei successi di Peppino di Capri dell'interminabile estate 1962. Perché, è bene ricordarlo, fu proprio il giovanissimo Peppino a far conoscere in tutta Italia la nuova danza nel corso di una trasmissione televisiva ("Studio Uno") rimasta memorabile. Il titolo di quel fortunato motivo, nato in un modesto locale di New York balzato all'improvviso sulla cresta dell'onda della celebrità, apre la serie di successi presentati da questo microsolco che è un pò il catalogo dei twist che hanno riscosso il maggior successo e che hanno fatto ballare giovanissimi e non più giovani lungo le coste di tutta la Penisola e nelle più celebrate località di villeggiatura. "Twist" e Peppino di Capri sono infatti un binomio indissolubile o quasi [...].
Ma Peppino di Capri è troppo eclettico come interprete e troppo smaliziato come artista per ancorarsi definitivamente ad un genere, fortunato fin che si vuole, ma pur sempre effimero. Lo dimostrò all'epoca del "Rock", a quella del "cha cha cha" e lo dimostra oggi nell'epoca del twist.
Perché, se è vero che il primo titolo di questa raccolta è un "classico" del twist, l'ultimo sembra ipotecare un futuro molto vicino, tanto per non smentire il tradizionale "fiuto" di Peppino di Capri. [...]
.
b.amb.
dalla cover del disco

.

Lato a)
  1. Let's twist again (appel-mann)
  2. Torna piccina (bixio)
  3. Daniela (garvarentz-mogol)
  4. Scètate (costa-russo)
  5. The jet (mann)
  6. Le stelle d'oro (naddeo-lepore)
  7. Sogno d'amore twist (abbate-weinzierl)
.
Lato b)
  1. St. Tropez twist (cenci-faiella)
  2. Nell'immenso del cielo (lojacono)
  3. Speedy Gonzales (gentile-kaye-hill-lee)
  4. Verso te (palomba-faiella-mazzocchi)
  5. Everybody dance (faiella-cenci-mazzocchi)
  6. Jingle bells (n.n.- riduz. mazzocchi-faiella)
  7. Madison time (faiella-cenci-mazzocchi)
.

 









locandina - LA GRANDE PECCATRICE (francia)




con: Jeanne Moreau, Claude Mann, Paul Fuers, Henry Nassiet, Andre Certes, Conchita Parodi, Andre Canter, Nicole Chollet
Regia: Jacques Demy

genere: drammatico
soggetto: Jacques Demy
sceneggiatura: Annie Maurel
fotografia: Jean Rabier
musiche: Michel Legrand
montaggio: Anne Marie Cotret
produzione: Paul Edmond Decharme
distribuzione: De Laurentiis
valutazione del CCC: Escluso (gravemente immorale e nocivo per ogni pubblico)

 

humour - JULES FEIFFER

 
Ci sono moralisti che parlano male dei mass media e li considerano prodotti irrecuperabili di una società industriale che svolge, attraverso le "strisce" dei fumetti o le trasmissioni di quiz televisivi, giorno per giorno, il suo terribile programma pedagogico, proponendo miti acritici, facendo dei vari Superman o Dick Tracy, come già un tempo della piccola orfana Annie e di Terry e i Pirati, gli strumenti di una persuasione occulta pari a quella perpetrata nei cartelloni pubblicitari pensati in Madison Avenue o nei film-rivista in tecnicolor manipolati a Hollywood.
E tutto questo è vero e terribilmente preoccupante.   Ma per quanto sia determinato da una situazione storica e sociale, un mezzo di espressione, quando trova le vie dell'autenticità e viene adoperato da un vero artista, trova sempre il modo per diventare giudizio, critica, protesta contro quello stesso mondo da cui è nato.   Accanto ai fumetti di Superman abbiamo i Peanuts: dall'evasione fantastica irresponsabile alla critica di una cultura, dal cattivo gusto all'arte; è un passaggio che si attua sempre nell'ordine del fumetto.   Ma passando attraverso al fumetto si può arrivare alla Letteratura (con la maiuscola).  I moralisti, come tutti i moralisti di professione, col persistere nel loro rifiuto, diventano in definitiva immorali.
Vogliamo invece un moralista vero, un artista che continui la tradizione di Voltaire, ma lo faccia nel solo modo intelligente possibile, rivolgendosi cioè agli uomini del proprio tempo coi mezzi più acconci e immediati?   È Jules Feiffer. [...] 
 
dalla presentazione
(Jules Feiffer - Il complesso facile (guida alla coscienza inquieta), Bompiani 1962
 


domenica 1 settembre 2013

CARL HOLMES & THE COMMANDERS - TWIST-MADISON-HULLY GULLY

ATLANTIC - 1376
  


Carl Linwood Holmes jr. è nato il 29 giugno 1938.
Ha festeggiato il suo 24° compleanno nella serata di apertura a “La Bussola” di Bernardini in Viaregggio..
Più giovane di quattro ragazzi e due ragazze, Carl ha ereditato la sua chitarra a 12 anni dai suoi fratelli maggiori. Insieme al suo fratello John, batterista, Carl ha suonato in numerosi gruppi prima di formare quello attuale: "the Commanders".
Durante questo periodo Carl era un bravo studente, un buon organizzatore e un atleta eccezionale, giocando a football semi-professionale. È stato eletto per sei anni, fino al diploma, rappresentante degli studenti, in una scuola con più di 3000 ragazzi e ragazze. […].

dal back cover del disco

.
.
Side a)
  1. Madison (brown)
  2. Please tell me (bailey jr.)
  3. Madison avenue (holmes-adato)
  4. Bussola twist (holmes)
  5. Hold it (dogger)
.

  1. Unchain my heart (jones-james)
  2. Hully gully (smith-goldsmith)
  3. Angel of angels (dixon-spupach)
  4. I idolize you ( ike & tina turner)
  5. Up town twist (holmes)
  6. Twistin' on a star (lewis)
.





il twist dei principini

 
 
Il twist dei principini. Tra la sorpresa generale, durante una festicciola in un albergo di Winsor, Carlo, il tredicenne principe di Galles, erede al trono d'Inghilterra, insieme con la sorellina Anna si è messo a ballare con entusiasmo il twist, la danza di moda disapprovata da molti moralisti. Resta il mistero di chi glielo abbia insegnato.

pubblicità - BUITONI


FRANKIE AVALON - ITALIANO

CHANCELLOR - CHL-5025
 
 



Side a)
  1. Italiano (philips-adams)
  2. Non ti scordar di me (do not forget me) (furno-de curtis)
  3. Anema e core (goell-manliano-d'esposito)
  4. Non dimenticar (don't forget) (dobbins-goldieri-redi)
  5. Don't ever leave me (genaro)
  6. Just say I love her (kalmanoff-ward-val-dale)
.


Lato b)
  1. Zingarella (marcucci-faith)
  2. You're breaking my heart (genaro-skylar)
  3. Solo tu ( allen-stillman)
  4. Tornerai (rostelli-olivieri)
  5. You're my rose (caruso)
  6. Capuccina (sherman-pallavicini-massara)
.

 
 
 

pubblicità - PERUGINA (baci)


humour - DOMENICA DEL CORRIERE


domenica 28 luglio 2013

LA RCA ITALIANA PRESENTA: (luglio 1962)


RCA VICTOR - LP-SPEC-2
 


L’estate segna, per il settore discografico, un momento di sosta, un cambiamento radicale per quanto si riferisce alla produzione. Ed è anche il periodo per fare un bilancio e preparare le campagne per la stagione più propizia: quella invernale.
L’estate, con le sue vacanze, è il periodo in cui impazzano i juke boxes ed è proprio durante questa stagione che la maggior parte delle case editrici raccoglie i frutti del lavoro svolto nell’inverno specie mediante le trasmissioni televisive. Il gioco è, in definitiva, fatto: si tratta, al più, di aiutare la pallina con qualche piccolo leggerissimo tocco. Anche i cantanti, d’altronde, sono presi dai molteplici impegni che li portano da un capo all’altro non solo della penisola ma del mondo.
È un momento di ripensamento: e mai come quest’anno i “cervelli” delle più importanti case discografiche italiane si riuniranno per cercare di tamponare la crisi che ormai da qualche anno affligge il mercato della musica incisa. Naturalmente la crisi può presentare aspetti diversi secondo le diverse angolazioni da cui la si riguarda: ma è un dato incontestabile che molto spesso piccole case con un apparato commerciale ed artistico esiguo riescono ad ottenere fatturati di gran lunga superiori a quelli di poderose e solide società per azioni. Il nostro discorso si riferisce a quella specie di diavoletto che è la musica leggera: solo una casa con un ampio catalogo-base di musica classica riesce sempre (almeno per ora) a cavarsela: la verità è un'altra. Oggi non è più pensabile un successo in una sola direzione. Le case concorrenti sono diventate sì gran numero che nessuna può più sperare di detenere il monopolio, come accadeva dieci anni or sono. Crisi, sì. Ma non in assoluto. Il volume degli affari, nel suo totale, non ha subito gravi decurtazioni: solo che gli utili si debbono ripartire fra più gruppi discografici.
La crisi del disco, sempre rimanendo nel campo della musica leggera, deriva –secondo noi- anche da un altro fatto: la invasione delle radio portatili. Ne esistono, oggi, di minuscole che possono portarsi anche in tasca e che suonano ininterrottamente da mattina a sera ed in massima parte proprio canzonette.
Esisterebbe, lo sappiamo tutti, un altro repertorio: quello della musica classica, della musica seria comprendente il jazz, il folclore e la musica “dotta” tradizionale. A questo punto non si tratta più di un problema privato che possa riguardare la singola società discografica. Il problema diventa un problema della nostra società, delle sue strutture culturalmente arretrate, del suo filisteismo. Si adduce spesso l’effetto controproducente della televisione e della motorizzazione né vogliamo proprio noi negare che questi tipi di svago hanno allontanato dal piacere dell’ascolto di un buon disco moltissime persone. Ma a ciò occorre aggiungere la mancanza di una cultura musicale non ad alto livello, bensì elementare. Questa situazione induce sempre più le case discografiche a puntare su esecutori illustri e di prestigio e su composizioni che non possono riservare sorprese.
Perciò il catalogo microsolco italiano è già vecchio e, praticamente, senza possibilità di sviluppo. Un recente episodio, infine, ha dimostrato la confusione e la poca serietà che affliggono la vita del disco in Italia: un gruppo di giornalisti autonominatosi “Associazione Nazionale dei critici discografici” ha assegnato gli “Oscar del disco” per il 1962. L’arbitrarietà di questa autoinvestitura è stata talmente smaccata che due fra le più importanti società discografiche, “La voce del padrone” (che raggruppa anche le etichette Columbia, Pathé, Capitol e Liberty) e la RCA Victor non hanno aderito all’invito di mandare opere per il relativo esame.
D’altra parte una recente indagine condotta in Francia fra i dirigenti delle più importanti case discografiche di quel paese ha ampiamente chiarito come la assegnazione di un premio non influisca per nulla nel settore delle vendite. Non è con questi palliativi che si può uscire dall’impasse. Occorre una nuova politica, ma non solo da parte dei discografici.

.
Antonino Buratti
(Il Contemporaneo, giugno ’62)

.

.
.


Side a)

 

Side b)


Giuseppe Ornato
 
direttore generale della RCA Italiana, ha 35 anni ed è piemontese.   Terminati gli studi; nel febbraio 1950 entrò a far parte della organizzazione commerciale Olivetti a Torino, venne quindi trasferito a Milano e poi a Roma.    Nell'aprile del 1956 assunse la direzione amministrativa della RCA Italiana.
Nell' agosto del 1959 accumunò a tale carica anche la direzione commerciale.     La nomina a direttore della Società gli fu conferita nell'ottobre 1960.

.

 
 

pubblicità - TANARA


MANDRAKE - IL MISTERO DELLA CABINA TELEFONICA


CARL HOLMES & THE COMMANDERS - TWIST PARTY AT THE ROUNDTABLE

 
ATLANTIC - 8060
 

Quando suonano o cantano il "madison", i loro corpi sembrano sotto l'effetto di una scarica elettrica.    È una musica ad alto voltaggio, una specie di elettroshock che corre sul filo del pentagramma.   Carl Holmes ed i suoi Commanders sono giustamente considerati i "grandi sacerdoti" della danza oggi di moda.   Quando arrivarono in Italia, [nell'estate del '62] il madison era sconosciuto anche agli esperti più aggiornati di "dolce vita" notturna.   Giunsero da noi sulla scia del successo riscosso al celebre "Peppermint Lounge" di New York: quasi un tempio consacrato al culto dei balli più moderni.    Nel nostro paese, conquistarono subito proseliti: ai villeggianti della Versilia prima, ai nottambuli milanesi poi, piacque il loro curioso modo di suonare (un irresistibile cocktail di musica, canto e danza) il loro ritmo irresistibile, la comunicativa, l'umorismo che sanno mettere in tutte le esecuzioni.
Se il madison ha attecchito anche il Italia, il merito è in gran parte di questo scatenato complesso, che considera la professione come una missione, e la canzone come un messaggio.   Insieme ad Al Brown, inventore della pittoresca danza (il suo "Madison time" è ormai su tutti i giradischi più "a la page") Carl Holmes può considerarsi un "antemarcia" del madison.
Basso, volto aperto e simpatico, eternamente sorridente, Carl Holmes è una vedetta della musica leggera negra.   Nato a Filadenfia venticinque anni fa, da ragazzo era uno studente modello e (così riferiscono attendibili biografi), un calciatore provetto.   Poi, trovata una chitarra, la musica ebbe il sopravvento e, nel 1959, insieme al fratello John, formò l'attuale complesso.   Pochi mesi dopo, quando l'orchestra marciava ormai spedita ed affiatata, conquistò il favore dei giovanissimi newyorkesi.   Infine, col madison, il grande successo.   Se il "Peppermint Lounge" era il regno di Chubby Cheker, Carl Holmes dopo una scrittura vantaggiosa nello stesso locale, forse per dimostrare che non temeva confronti, passò ad uno dei più eleganti club di New York: il "Round Table" [...]
 
 
Rodolfo d'Intino
(TV sorrisi e canzoni, 13 gennaio 1963)  
  
Side a)
  1. Mashed potatoes (rozier)
  2. Ain't got no money (millinder-glover-mundy)
  3. Stand by me ( king-glick)
  4. New Orleans (guida-royster)
  5. Good good lovin' (shubert-brown)



Side b)
  1. I can't sit down (sherman-keller)
  2. Lonely winds (pomus-shuman)
  3. Twist it baby (robinson)
  4. Roundtable twist (lewis)
  5. Shout (Isley brothers)


.

.

humour - da GRAND HOTEL


pubblicità - AGIP (Supercortemaggiore)


DICK DALE & his DEL-TONES - SURFERS' CHOICE

DELTONE - LPM 1001
 


Dick Dale è l'uomo che fa nascere la 'surf music', un genere musicale che ha origine all'inizio degli anni '60 nella California del Sud. Sebbene esista qualche precedente, è solo nell'estate del 1961 che, con 'Let's go trippin' di Dick Dale & the Deltones, nasce ufficialmente il surfing sound: un vero e proprio tentativo di esternare attraverso gli strumenti, in particolare la chitarra, le sensazioni e l'ebbrezza suscitate dal cavalcare le onde dell'oceano su una semplice tavola. [...].

"ENCICLOPEDIA ROCK ANNI '60" a cura di Riccardo Bertoncelli - ARCANA EDITRICE (1985)

.

sabato 27 luglio 2013

rubrica - ITALIA DOMANDA (Sincerità e un pizzico d'ipocrisia nei complimen ti alle signore)

 
(EPOCA - 1 aprile)
 
 
 
 
Mio padre è solito dire, scherzando con me e con i miei amici, che oggi i giovani non sanno più fare un bel complimento ad una donna.   Secondo lui, non conosciamo e non apprezziamo le regole di quella delicata e innocente galanteria con cui, un tempo, gli uomini si rivolgevano alle signore e alle signorine.   E aggiunge che è un peccato che si vada perdendo l'abitudine del baciamano.   Ma esistono veramente regole del genere?
 
F.T. - Napoli
 
===============================================
 
 
Tutti, uomini e donne, amano i complimenti, amano riceverne.   I complimenti che fanno più piacere sono quelli che si riferiscono a cose che si vorrebbe avere, e non si hanno, oppure si hanno in quantità insufficiente alla nascita spontanea, non premeditata, di complimenti.   Sono i complimenti difficili da fare, quelli per cui si potrà cadere nella pacchianeria.
Fare a una signora i complimenti per quello che lei ha, per esempio per la sua bellezza o naturale eleganza, è molto facile; l'idea che lei si fa della sua bellezza o naturale eleganza è sempre tale, da contenere agevolmente qualunque complimento, per quanto grande esso sia.   Se mai, c'è il pericolo di rimanere al disotto dell'aspettativa; si potrà passare per avaro, non per pacchiano.   E poi, quando la cosa da complimentare c'è, c'è anche la sincerità nel complimentarla; la sincerità trova da sé la forma adatta, come in tutte le arti.   Potrà venir fuori un complimento liscio o un complimento barocco, cioè ornato e gonfio; ma, essendo sincero, è poetico da sé, e la poesia vera non è mai pacchiana.
Per l'altra specie di complimenti, quelli difficili da fare, c'è da tenere conto dell'ipocrisia del  modo come essa si inserisce e sistema nel complimento da fare.   Se l'ipocrisia è pura, integrale ipocrisia, essa si vede facilmente, salvo che non sia adoperata da esperimentati artisti: Quando l'ipocrisia è visibile, il complimento che lo contiene è senz'altro pacchiano, cioè non fa piacere ma offende.   Se  l'ipocrisia si trasforma in desiderio di dare una gioia, e così abbellire la vita o la giornata di una donna, allora il complimento deve essere costruito come un'opera d'arte.
Per questo non c'è che una regola buona, quella della giusta misura; anch'essa è comune a tutte le arti, ed è difficilissima da trovare e mettere in pratica.   Se uno non è capace di commisurare il complimento all'intelligenza e sensibilità della donna a cui dovrebbe essere rivolto, rinunzi a complimentare; il silenzio è pieno di tutte le cose che si possono dire, e non sono dette; la donna sceglierà da sé quelle che le fanno piacere.
 
Vittorio G. Rossi
 
===============================
 
I testi ponevano per il baciamano regole precise, anzi perentorie, come erano generalmente quelle del costume e dello stile, quando anche la frivolità sapeva sottostare ai canoni.   Mai su una mano inguantata, mai sulla mano di una donna non sposata, mai all'aperto, anche se la mano non è inguantata, a meno che la signora "non sieda nella sua carrozza scoperta, ferma al bois nell'ora della passeggiata; chinarsi per raggiungere la mano e non portarla alle proprie labbra comme un verre de porto, perché il baciamano conservi il suo carattere più di omaggio che di galanteria.   A questo proposito si dice  che Boni de Castellane si esercitasse con il goniometro a graduare il proprio inchino secondo che dovesse baciare la mano di una douairiére del Faubourg Saint-Germain, della giovane nuora o di un'attrice, risalendo da un angolo di novanta gradi a uno di sessanta, poi di cinquanta: mai però meno di quaranta, perché allora il gesto sarebbe diventato scorretto.
[...] il baciamano deve essere silenzioso. [...] E deve essere breve, una frazione di secondo, più accennato che consumato; [...]
Oggi il baciamano decade: come decadono tante forme e formalità nelle quali si inamidarono le generazioni passate.   [...] Io sarei del parere di non continuarlo: una società come la nostra, che ha i suoi splendori più nella café-society che nella "buona società"; che ha le sue principesse più fra i bei corpi che fra i bei nomi e i cui grandi casati risalgono piuttosto al festival di Venezia che alle crociate; dove ci si saluta tenendo la mano in tasca, si gira in sandali, si aboliscono le giacche e le cravatte, si adoprano correttamente parole da trivio: in una società come questa, che vuoi baciare mani!   Ieri, il baciamano era segno semplicemente di educazione, e la raffinatezza poteva riconoscersi nella maniera di compierlo; oggi rischia di diventare solamente segno di affettazione. [...]
 
Manlio Lupinacci

pubblicità - SCHIPPERS (tabacco)


THE GOLDEN GATE QUARTET - Down by the Riverside-Lula/Saints Louis Blues-When the saints go marching in

 
COLUMBIA - SEMQ 235
 



lato a)

.

lato b)

.



 

rubrica - ITALIA DOMANDA (Qualcosa Minaccia il Matrimonio?)

(EPOCA - 1 aprile)



Un mio amico, molto intelligente e colto, sostiene che in Italia, in questi ultimi anni, l'istituzione del matrimonio è entrata in crisi per l'evolversi dei costumi.   Ma io penso che si tratti di un fenomeno più apparente che reale.   Si potrebbe conoscere l'opinione di qualche giurista e di qualche noto giornalista?
 
U.F. - Livorno
 
 
===============================================
 
 
[...] Tutto è in crisi, dopo due guerre mondiali, che hanno capovolto tutti gli antichi valori.   In un mondo in cui tutto è diventato "relativo" (la morale, la politica, la stessa fisica), in un mondo in cui il soggettivismo ha finito per distruggere la stessa nozione della "realtà", obiettiva, come potrebbe non essere in crisi l'istituto del matrimonio? [...]   A mio parere, l'origine prima della crisi va ricercata nell'egoismo dei genitori e nell'egoismo dei figli.   È nella volontà di non assolvere ai propri doveri, che si manifesta in modo sempre più preoccupante, che si deve scorgere una delle cause maggiori, anzi probabilmente la maggiore, del disordine contemporaneo.
Nei tempi di una società bene ordinata, i coniugi dimenticavano di essere stati amanti per ricordarsi solo di essere dei genitori, con tutti i doveri e con tutte le responsabilità conseguenti.   Poi sopravvenne la decadenza, quando i genitori pretesero di annullare tale loro qualità in nome dell'amore.   In tale pretesa sta l'origine del divorzio.   La decadenza ultima si è avuta negli anni immediatamente successivi alla prima e alla seconda guerra mondiale, quando anche i genitori pretesero di "vivere la loro vita".   Idealmente, la famiglia, si è dissolta, e a tale dissoluzione ha recato l'ultimo colpo il lavoro delle donne.   Si va verso un tipo di società, in cui i figli saranno un qualcosa di mezzo fra gli orfani e i bastardi.   Tutto ciò porta una profonda, inconsolabile infelicità, specie alle donne, per le quali - non credete a chi dice di pensarla diversamente - l'ideale resta sempre quello della cavalleria e dei poeti d'amore.   Ispirare una poesia, un solo verso di un poeta, ecco l'ideale perenne di una donna.
Sono motivi eterni, come sono eterne le loro negazioni.   Certi valori è forse bene che siano negati, affinché l'umanità ne avverta la necessità e la perennità.   A periodi di incredibile corruzione seguono periodi di ordine severo e di assestamento. [...]
 

=================
 
[...] il matrimonio non è istituto rispetto al quale si prospettino innovazioni radicali, e meno che mai istituto che si pensi di abbandonare; nessuno ne ha proposto l'abrogazione, sia come istituto giuridico che come struttura sociale.   Allora si parla di crisi del matrimonio per significare che l'istituto oggi non darebbe la buona prova che avrebbe dato in altri tempi.
[...] Per conto mio non credo ci siano sostanziali modifiche nella vita dell'Istituto matrimoniale da varie generazioni, e penso che in Italia la grande maggioranza delle unioni sia sana, sorretta da reciproco affetto, da una collaborazione costante, con stima e fiducia tra marito r moglie.   Matrimoni che andavano male ce ne sono stati in ogni tempo.   Se oggi se ne parla di più, è perché si vive di più con le finestre aperte, ci sono meno riserbi, su tutte le famiglie con qualche notorietà la cronaca appunta i suoi proiettori.   Naturalmente non tutto resta immutato, e la vitalità dell'istituto si manifesta appunto nel riuscire a soddisfare nuove esigenze.   La donna, per capacità, per cultura, per attitudini alla vita pratica, è sempre più nella realtà l'eguale del marito.   Molto spesso lavora, ciò che importa altri usi, spesso un pasto consumato fuori di casa, meno ore d'incontro tra i due coniugi.
Il costume varia.   Un tempo la donna non dava del tu che al marito e ai più prossimi parenti; oggi si tende a dare del tu a tutti i coetanei, a persone incontrate ieri.   Ciò che un tempo sarebbe apparso avvio all'infedeltà, mancanza di dovere verso un coniuge, oggi non sembra più tale: ma ritengo non si debba dare soverchio peso a queste apparenze.   Il matrimonio resta sempre il vincolo più saldo, i coniugi restano sempre i consorti nella prospera e nell'avversa sorte, il marito e la moglie quegli il cui aiuto non mancherà nell'ora più grave, nemmeno allorché il mondo condanni, il solo su cui si potrà fare affidamento, quando pure i figli si saranno allontanati.
In nove copie su dieci, mi sembra sia questa la realtà.
 
 



pubblicità - ESSO


BOB AZZAM - LA DONNA DEI SOGNI/ONE FINGER ONE THUMB

KARIM - KN 119
 



lato a)

.
.
lato b)